Bocuse d’Or, l’Italia stavolta passa la mano…

La notizia è proprio di quelle che non passano inosservate. E, d’altronde, proprio non potrebbe visto che quella casella vuota nel programma della selezione europea del Bocuse d’Or balza senza dubbio agli occhi. E’ la casella che sarebbe stata occupata dalla rappresentativa italiana che proprio all’ultima finale mondiale (settembre scorso) aveva conquistato un ottimo decimo posto assoluto con Alessandro Bergamo. 

Alessandro Bergamo

Nel G10 dei grandi (chef) della Terra, insomma, dopo tante partecipazioni che hanno visto un magico quarto posto nel 2001 con Paolo Lopriore.

Adesso, invece, la rinuncia. Che lascia una casella vuota che significa anche delusione in chi pensava che fosse arrivata l’ora per l’Italia dei fornelli di ambire subito ancora a   qualcosa di più in campo mondiale.

Luciano Tona

<E’ stata una scelta ponderata – spiega Luciano Tona, direttore dell’Accademia italiana Bocuse d’Or e chef di assoluto prestigio e storia – L’Italia era stata iscritta ma tra la finale mondiale scorsa e la selezione europea della nuova edizione, che si svolgerà a Budapest a fine marzo, ci sarebbe stato troppo poco tempo per preparare tutto per bene come era auspicabile>.

Quindi una rinuncia calcolata. <Non c’erano i presupposti tecnici per fare bene – aggiunge ancora Tona – Gli altri Paesi si sono preparati meglio di noi e più a lungo. Avremmo dovuto partecipare per poi magari non poter raggiungere il livello tecnico che abbiamo realmente. Soltanto per preparare il vassoio servono due mesi. Bergamo ci ha lavorato un anno per l’ultima edizione. Se la selezione europea fosse stata in giugno magari ci si poteva attrezzare ma a marzo è troppo presto. All’ultima edizione siamo arrivati decimi sia nella selezione europea che nella finale mondiale. Quindi vuol dire che il lavoro fatto negli ultimi anni è stato ottimo e molto importante per tutto il movimento. Faremo quest’anno soltanto la selezione italiana, penso con 6 chef all’opera, e poi ripartiremo verso la prossima edizione>.

– Sul podio, in settembre, dopo la Francia vincitrice, Danimarca e Norvegia. Sorprende questo risultato?

<Assolutamente no, perché la Danimarca ha una grande esperienza gastronomica. Se vuoi imparare la cucina vai in Danimarca, hanno investito tantissimo e hanno almeno 2 chef di assoluto livello mondiale. Magari noi italiani, a furia di pensare che siamo i più bravi, siamo diventati vecchi…. Certo il format gastronomico di questi Paesi non mi piace ma d’altronde bisogna considerare che noi magari pensiamo di essere campioni di pasta e pizza che in effetti sono cibo… di strada. Da noi, per esempio, non esiste una preparazione a base di filetto…>.

– Quindi ritiene che la nostra cucina sia indietro rispetto ad altre Nazioni?

<Intanto devo dire che c’è una cultura molto diversa. Abbiamo capacità di raccontare al meglio e abbiamo genialità, forza, inventiva. Adesso anche professionalità che negli ultimi 20 anni è cresciuta ma in Italia non abbiamo costruito un modello forte in questo campo. Oggi c’è carenza di personale di un certo livello molto accentuata in sala e in cucina. E poi basterebbe dire che mentre gli chef italiani vanno all’estero e vengono trattati benissimo (ad esempio, in Australia se la passano da re…) da noi le regole di ingaggio economiche e il quadro contrattuale specialmente su trattamento salariale e tempi di lavoro è fermo ancora a 30 anni fa. Dobbiamo tirare fuori il genio presente nella nostra cucina. Certo abbiamo personalità grandi come Crippa, Cracco, Bartolini per citare qualcuno ma più in generale dobbiamo smetterla di copiare gli altri. Come fanno gli Alajmo che fanno la loro cucina. Competenza e professionalità sono il segreto. Dobbiamo, come i danesi ad esempio, toglierci di dosso certi stereotipi. Uno per tutti: la ricerca della “cucina della nonna”. Saranno 40 anni che ne parliamo. Ma se le nonne in cucina non esistono più….?>.

Paolo Lopriore

– Per concludere, la Sicilia in cucina.

<La Sicilia ha sempre dato grandi suggerimenti alla cucina italiana. Prendiamo, ad esempio, Davide Asta (sciclitano, ndr) che lavora in Belgio ed è il migliore ristorante italiano all’estero. Accursio Craparo (modicano, ndr) si è costruito tutto da sé, Ciccio Sultano e tanti altri ragazzi che li seguono e che lavorano duro. La Sicilia ha tanto storia dentro di sé per poter lavorare bene. Per esempio anche il catanese Giuseppe Raciti, stellato, ha partecipato due volte alle selezioni italiane del Bocuse. Nella cucina siciliana vedo una certa crescita, che purtroppo però non ha la stessa spinta economica che offrono altre regioni. La Sicilia deve andare n una direzione, cercare di essere meno cucina di famiglia e sempre più cucina da ristorante>.

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