Il rischio è serio e fa preoccupare non soltanto i cuochi professionisti: persino le famiglie – sempre più abituate ad affidarsi a cibi precotti, ad usare forni a micronde e robot da cucina – potrebbero dimenticare come si preparano i cibi.
La cottura degli alimenti – che tanto spazio occupa nei palinsesti e tanta audience richiama – è diventata oggetto di trasmissioni televisive perché sempre più di frequenza i consumatori non la ritengono più un’abitudine quotidiana.
Un altro colpo all’arte della cottura tradizionale dei cibi è inferta dai cuochi professionisti che, a caccia di “like” e di popolarità, si sono lanciati nelle sperimentazioni, nelle innovazioni a volte “estreme” e negli abbinamenti “improponibili”.
I cento cuochi, che per tre giorni si sono riuniti ad Acicastello, al President Park Hotel, per un convegno nazionale organizzato dall’Associazione provinciale cuochi e pasticceri etnei e dall’Acir (l’Associazione Cuochi Italiani Riuniti), lanciano un grido d’allarme: “La cucina italiana è in pericolo di estinzione, la nostra missione è preservarla, custodirne l’integrità e consegnare alle nuove generazioni non soltanto di cuochi un enorme bagaglio di conoscenze, di esperienze e di ricerche”.
Per questo Giorgio Nardelli ha raccolto e presentato un suo recente corposo studio sulle ricette del territorio, suddivise per aree geografiche; Fabio Tacchella ha messo a confronto metodi di cottura tradizionali con le più moderne tecniche del sottovuoto e della bassa temperatura per svelarne le differenze sul piano della resa; Paolo Caldana ha scolpito le norme di un ideale decalogo per la cucina di ogni tempo; Gaetano Ragunì ha posto l’accento sulla necessità di scegliere le materie prime in base alla qualità e non alla freschezza apparente; Umberto Vezzoli ha puntato sugli aspetti motivazionali della professione e Carmelo Chiaramonte sulla capacità di alcune ricette di sviluppare reazioni chimiche alla base di emozioni e di suggestioni. Solo per citare alcuni tra i tanti nomi dei cuochi che, da Nord a Sud d’Italia, hanno ampiamente motivato quanto preoccupante sia il quadro per il futuro della cucina italiana.
“Non bisogna esasperare con creatività e fantasia le nostre conoscenze in campo alimentare – hanno concluso gli organizzatori – perché il rischio è che si tagli via il lascito delle tradizioni. Non bisogna far diventare la professione del cuoco un mestiere tecnico, ma invece occorre coltivare e far crescere la passione. Non bisogna sentirsi mai arrivati e invece è necessario continuare sempre a studiare e ad aggiornarsi con dedizione, costanza e un pizzico di umiltà. Avere rispetto per i colleghi e riconoscenza verso i maestri. Soltanto così si potrà portare con orgoglio la giacca da cuoco”.