
L’Opuntia ficus-indica, meglio nota come fico d’India, icona del sud e soprattutto della Sicilia, e’ un fenomeno per qualita’ e bizzarria. Diffusissimo nelle campagne, ma forse non altrettanto conosciuto ed apprezzato, seppure il suo frutto colorato dal gusto particolare sembra creato apposta per allietare le tavole autunnali.
Cominciamo col dire che il fico d’India non ha nulla a che fare con il fico, né tantomeno con l’India. In realta’ questa cactacea originaria del centro America, certamente già apprezzata dagli Aztechi, è arrivata in Europa insieme a tante altre piante delle “Indie occidentali”. Al pari di pomodori, peperoni e patate, non ha perso tempo ad ambientarsi. Si tratta di una pianta umile, che cresce e si riproduce spontaneamente e non necessita di particolari cure ed acqua. I suoi frutti, che si tratti di
“Sulfarina” di colore giallo (la piu’ comune, con grandi cladodi e vigorosa), “Sanguigna” di colore rosso (piu’ resistente ai climi rigidi) o di “Muscaredda” di colore bianco (molto produttiva) spiccano per bontà e proprietà organolettiche.

Tra i fichi d’India una citazione merita il cosiddetto “Bastardone“, che nasce dalla “scozzolatura” (eliminazione) tardiva del primo fiore emesso dalla pianta madre, con successivo selezionamento e diradamento dei frutti, frutto dotato di complessi aromi eprofumi di frutta tropicale. Due poli produttivi importanti in Sicilia
sono quello dell’Etna D.O.P., con coltivazioni in Adrano, Bronte, Biancavilla, Belpasso, Ragalna, Paternò, Santa Maria di Licodia e Motta Sant’Anastasia, e quello del Ficodindia di San Cono D.O.P. che comprende gli areali di San Cono e San Michele di Ganzaria. Pregevoli altre due zone di produzione: Roccapalumba (PA) con circa 1000 ettari, e Santa Margherita di Belice (AG), con 500 ettari.
I frutti si sa, vengono consumati per lo più al naturale, ma sono ottimi per la preparazione di infusi, liquori e confetture. Ma anche le pale sono commestibili. In Messico lo sanno bene e preparano i “nopales” (così li chiamano) in tutte le salse, ed addirittura dalla loro fermentazione viene prodotto un combustibile. La coltivazione e produzione del fico d’India, che sta prendendo sempre piu’ piede in Sicilia, rappresenta un classico esempio di economia circolare, gia’ perche’ di questa pianta, come del maiale, non si butta via niente ! Persino la buccia del fico puo’ essere lavorata come surrogato della carne, non facendone rimpiangere il contenuto proteico (contiene circa il 12% di proteine) rivelandosi dall’uso versatile in cucina, tanto che è possibile ricavarne una farina già utilizzata per realizzare pizze. Privata anch’essa con cautela dalle spine si consuma come saporita chips fritta, oppure candita od essiccata, in ricette dolci o salate. A proposito delle famigerate spine, che scoraggiano i piu’, i contadini usano il trucco di gettare i fichi raccolti a terra e “spazzarli”, in modo da far cadere le spine piu’ grosse da sé. In cucina, dopo averli passati sotto l’acqua fredda, meglio armarsi di pazienza, guanti, forchetta e coltello. Conviene tagliare le due estremità del frutto, quindi tenendolo con una forchetta, inciderlo per lungo con un taglio laterale, per togliere tutta la buccia ai lati.
La pratica di cucinare la pala del fico d’India, e’ utilizzata in tutta l’Italia meridionale e in Sardegna, ma conosciuta sin dai tempi degli Aztechi, ma non tutti sanno che i cladodi (pale o nopal) ricchi di fibre e mucillagini, svolgono un’azione ipo- glicemizzante, gastro-protettrice e cicatrizzante.

Ma soprattutto sono buone da mangiare e si adattano ad ogni tipo di preparazione. Le pale più piccole sono indicate per il consumo a crudo perché più tenere e dolci. In cottura la ricetta più classica è senz’altro la cotoletta, che in Sicilia è aggiunta nella panatura di prezzemolo e pecorino.

Come contorno possono essere saltate in padella con un un po’ di pomodoro, acciughe ed uno spicchio d’aglio. Ma e’ a crudo che apportano i maggiori benefici salutari, ad es. semplicemente tagliate a strisce e marinate in succo di limone, quale base di fresche insalate ed esotiche compagne di qualsivoglia ingrediente, anche con le uova sode.
Questa sorta di dromedario vegetale, che veniva in passato usato dai marinai per idratarsi nei lunghi viaggi e per combattere lo scorbuto, oggi troneggia anche nei migliori ristoranti stellati, un esempio su tutti lo spagnolo “Celler de Can Roca”, da anni considerato uno dei migliori ristoranti al mondo, che usa i fichi per fare dolci al cucchiaio, come l’”Aires de figues de moro del Cap de Creus”, dove il classico fico sanguigno prende le forme di una incantevole ed onirica spuma viola.

Nella tradizione siciliana i fichi d’India trovano declinazioni molto diverse, passando da est ad ovest, specie tra i dessert. Ed allora non si puo’ che partire dalla Mostarda, (a base di polpa dei frutti maturi e farina di semi di carrube) che va gustata in tre versioni:calda e morbida guarnita con mandorle croccanti, come dolce cremoso al cucchiaio, oppure dopo averla fatta riposare in frigo come gustoso budino. Se poi pazientemente si lascia indurire per una notte a temperatura ambiente, e successivamente si capovolge e si espone al sole per qualche giorno, rigirandola e lasciandola bene indurire, diverra’una golosa merenda, disponibile per tutto l’inverno da sola o accompagnata dalla frutta secca.

Non molto famoso, ma raffinato nella sua semplicità il catanese Ficolì un dolcetto secco raffinato, realizzato con la parte migliore della polpa del fico, cui si aggiungono uova, burro, farina fecola di patate, lievito, vaniglia zucchero e un pizzico di sale. Più comuni i “mostaccioli”, ricavati da un estratto del ficodindia, consistente in un liquido sciropposo, addizionato da farina di semola ed aromi.

Nel palermitano e’ diffuso invece il Masticuttè, una caramella gommosa, ottenuta essiccando al sole il mosto cotto del ficodindia, a cui vengono aggiunti un po’ di farina, cannella e pepe. Dall’Etna al Palermitano si producono liquori ed anche una speciale grappa, distillato aromatico prodotto nel comune di Roccapalumba. Anche i semi ed i fiori secchi, sono usati per decotti e tisane mentre, in ambito non culinario, la pala da sola, riesce a dare vita a molteplici prodotti, dal gel da usare oltre che incucina ad uso cosmetico, fino a monili e accessori, realizzati stavolta con il reticolo legnoso di fico d’India.
Recenti studi universitari, ne confermano le proprietà organolettiche e la presenza di betalaine, vero toccasana per molte malattie della pelle. I Fichi d’India grazie alle vitamine C, A, B3, B1, B2, PP, sono antiossidanti, depurativi e detossificanti. Contengono pure potassio, magnesio, ferro, calcio, fosforo e pectine.
Insomma un vero “superfood” che in Sicilia, che vanta primati eccezionali in campo culinario, sta trovando sempre piu’ ampio utilizzo grazie alle sue peculiari proprietà.