
Persino la nascita di Firenze è legata alla storia di questo antico legume, città dominata dal Masso della Gonfolina (antico nome della cicerchia) da milioni di anni, vero monumento naturale che, come raccontano Leonardo da Vinci e il Giambullari“facendo la rottura della Gonfolina: e alla città di Firenze desse principio…”. In realtà circa 100.000 anni a.c. una serie di movimenti tettonici fecero risalire l’area dell’attuale Firenze, grazie ad un’apertura creatasi nella diga naturale della Gonfolina, “la qual roccia avendo una figura consimile al legume chiamato cicerchia, dagli antichi litologi toscani fu appellata pietra cicerchina”. Questo legume, per la sua versatilità in cucina e la ricchezza di proteine, era particolarmente utilizzato specie dai meno abbienti che raramente potevano permettersi la carne.Poche le regioni d’Italia nelle quali si è mantenuta la tradizione culinaria della cicerchia , appunto Toscana, e poi Marche, Umbria e Puglia. In Sicilia perantichisssima tradizione si consuma a Licodia Eubea , dove è appellata ciciruoccolo,e celebrata in una sagra annuale, il CicerchiaFest divenuta di respiro nazionale. I fiori appaiono come piccole orchidee e quando la pianta muta il colore da giallo ad arancione, per i contadini è il segnale che indica la raccolta.

A Licodia si preferisce ridurla in una farina denominata Patacò, che si cucina come se fosse una polenta, con una consistenza piu’ morbida, e consumata in inverno come zuppa arricchita da broccoli e salsiccia.
La Cicerchia di Licodia Eubea e’ ormai inserita tra i presidi nell’Arca del Gusto di Slow Food. Da segnalare un’altra varieta’ di cicerchia, piatta e spigolosa ( simile a sassolini di fiume), quella di Serra de’ Conti, Presìdio Slow Food, che si coltiva con tecniche a basso impatto ambientale, e dove viene consumata a legume intero.

Della cicerchia di Licodia ci parla Riccardo Randello ( responsabile Presidi Slow Food in Sicilia ) “La cicerchia (Lathyrus sativus), nota a Licodia Eubeacome ciciruocculo, è fra le colture più anticamente diffuse nel territorio siciliano.Veniva già apprezzata dai coloni greci ed era conosciuta tra i romani come cicercula. I semi di cicerchia sono ricchi di proprietà nutritive, presentano il più alto contenuto proteico tra i legumi, contengono pochi grassi ed hanno un elevato contenuto di vitamine e di sali minerali.

La semina viene effettuata a postarelle, con una decina di semi sistemati in ogni buca. Il periodo di raccolta viene individuato grazie alla colorazione giallo-arancio della pianta che indica la piena maturazione dei semi. La raccolta e’ rigorosamente manuale e le piante vengono essicate in covoni. Successivamente le ‘fascine’ di cicerchia vengono battute con un bastone (marruggiu), per permettere la separazione della granella dai baccelli. Con un forcone (tradenta), si opera poi una prima spagliatura, per togliere la maggior quantità di paglia possibile. Ancora oggi controvento si lancia la granella per eliminare le impurità grossolane, e successivamente con l’ausilio di un crivello (crivu), la granella viene conservata all’interno di sacchi in ambiente asciutto e ventilato, e la produzione non supera i 10 quintali per ettaro”– conclude Randello-.

Purtroppo tra le leggende, ce n’è una che per decenni ne ha ridotto il consumo. Anche la cicerchia infatti (come tanti altri prodotti abitualmente consumati), contiene un principio tossico, in questo caso l’Odap (acronimo di acido ossalildiamminopropionico), che in forte concentrazione a causa del consumo generalizzato nei periodi carestia, poteva causare intossicazioni nelle popolazioni più povere. Fortunatamente le varietà locali di cicerchia oggi coltivate contengono solo un ridotto contenuto di questa sostanza e la consumazione saltuaria, avendo cura di tenerla in ammollo per almeno 12 ore in acqua tiepida, allontana ogni rischio.

Ha contribuito alla sopravvivenza del consumo della cicerchia anche la tradizione agricola laziale, in particolare a Campodimele, paese famoso per “La Ciociara” di Moravia. Questa leguminosa e’ stata riscoperta grazie agli odierni chef, ed ha ottenuto il riconoscimento di PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale), e il prestigioso marchio D.O.P. ed ogni anno a luglio si celebra anche qui la Sagra della cicerchia. Anche ad Aidone , specie in tempo di guerra, quando era impossibile procurarsi la farina di grano, ci si “dubbava di frasquatul’”, come viene chiamata la polenta di cicerchia mentre oggi, che il suo costo è di gran lunga superiore a quello della farina di grano duro, è stata riscoperta anche in forma di prelibati biscotti.