Scelte salutistiche di essiccazione e molitura
Articolo di Maria Torrisi
Siamo ormai abituati al colore tendente al giallo di molte marche commerciali di pasta secca e, per questo, non ci stupiamo più. Quando però la pasta si produceva artigianalmente, il suo colore era pallido, anzi quasi bianco.
Cosa è cambiato? Moltissimo, e per di più c’è da stare attenti, almeno questo è il parere di Paolo Caruso, agronomo e ricercatore universitario, direttore dell’associazione “Simenza” che si occupa di ricerca e produzione di grani antichi siciliani con oltre cento soci produttori, alcuni dei quali anche trasformatori.

“Il colore ambrato di molta pasta secca – spiega Paolo Caruso – dovrebbe far scattare un campanello d’allarme importante perché è segno che tale pasta è contaminata da pesanti dosi di furosina, una sostanza prodotta durante la lavorazione industriale. Molte aziende di trasformazione del settore alimentare, infatti, per accorciare i tempi di lavorazione e ridurre i loro costi, adoperano forni capaci di raggiungere temperature altissime in poco tempo. Ma, al superamento della soglia dei 75 gradi, in molti alimenti si producono modificazioni, sia nutrizionali che organolettiche, che innescano conseguenze per la salute dell’uomo che hanno effetti gravi e duraturi”.
Cosa avviene nel grano in particolare quando viene superata quella che lei ha chiamato “soglia dei 75 gradi”?
“Ad alte temperature si genera un composto intermedio chiamato furosina, frutto di quella che è conosciuta come “reazione di Maillard”. Tale processo di trasformazione si verifica – non solo con il grano, ma anche con il latte o con il miele, ad esempio – quando la fonte di calore è molto elevata”.
Il procedimento che invece lascia integra la pasta qual è?
“Il procedimento tradizionale che prevede un processo di essiccazione lenta, che va da 24 a 72 ore a seconda dei formati, e che utilizza una temperatura che non supera i 60 gradi. Solo così si garantisce la qualità del prodotto e si tutela la salute dell’uomo”
Ma perché questi parametri non sono rispettati da tutti i pastifici?
“Perché è più conveniente dal punto di vista economico. Le industrie, nell’ultimo ventennio, hanno ridotto i tempi di essiccazione della pasta: in poco più di 2 ore riescono a produrre la stessa quantità di pasta che prima producevano in 2 giorni e mezzo. Ma hanno elevato la temperatura anche a 90 gradi, abbattendo i costi di esercizio. Questo sistema però purtroppo produce gravi danni alla salute dell’uomo”.
In questi ultimi anni è acceso il dibattito su alcune sostanze, inizialmente etichettate come “cancerose” per poi essere declassate a “dannose”. Ma se la furosina non è ancora stata bandita dalle nostre tavole e la commercializzazione di pasta essiccata nei forni industriali non è ancora stata vietata, la cautela nell’informazione è un obbligo. Quanto lo è dare voce ad alcuni qualificati osservatori che sollevano l’allerta.
“Le furosine sono molecole cosiddette glicate – spiega Marcella Renis, già professore ordinario di Biologia molecolare clinica al Dipartimento di Scienze della Farmacia e della salute dell’Università di Catania – che alterano nel nostro organismo la permeabilità intestinale, provocando infiammazioni e patologie dismetaboliche”.

La pasta prodotta dalle industrie alimentari è davvero da considerarsi così pericolosa per la nostra salute?
“Non bisogna demonizzare a pasta, che è base dell’alimentazione mediterranea, ma è opportuno sapere bene cosa si mette in pentola. Le confezioni che recano la dicitura “pasta” contengono alimenti che sono frutto della lavorazione di farine doppio zero, ossia farine raffinate; mentre le produzioni con i grani antichi vengono immesse sul mercato senza il termine generico di pasta, ma con l’indicazione specifica della forma che assume, ossia soltanto “spaghetti” o “penne” o “rigatoni” ad esempio”.
Perché lei consiglia di non scegliere la pasta fatta con farina raffinata?
“Le farine raffinate sono state sottoposte ad un processo industriale che priva il grano di particolari nutrienti, sostanze preziose per l’alimentazione. Per tutelare la nostra salute dovremmo scegliere alimenti che utilizzano farine non raffinate, meglio se integrali. Ma, anche qui, bisogna fare attenzione ai termini delle etichette”.
Cosa dobbiamo trovare sull’etichetta per essere certi che sia una buona pasta integrale?
“Se leggiamo la dicitura “pasta integrale” siamo di fronte ad un prodotto alimentare fatto con farina doppio zero al quale è stata aggiunta della crusca. Per essere certi che si tratti di pasta prodotta con chicchi di grano integri, non privati della parte esterna e non addizionati successivamente con crusca, dobbiamo scegliere confezioni che recano la dicitura “molito a pietra”. Solo così non potremo sbagliarci. La salute è un bene prezioso che si tutela anche a tavola”.