
Mentre in Sicilia, tornata ai vertici del turismo enogastronomico, si svolgono gli Stati generali dell’agroalimentare, per superare le attuali criticita’, strizzando l’occhio alla promozione digitale delle eccellenze “local”, la Zecca dello Stato celebra la Puglia e le sue eccellenze, Primitivo e Orecchiette. Nella moneta da collezione realizzata in 15000 pezzi fior di conio, figurano infatti sul dritto, i Trulli di Alberobello i muretti in pietra a secco pugliese, entrambi Patrimonio dell’Umanità Unesco, l’albero di ulivo ed il Pumo di Grottaglie (un simbolo dell’artigianato locale, un po’ come le nostre più celebri Teste di Moro). Sul rovescio, la composizione di prodotti enogastronomici tipici della regione Puglia: pane di Altamura , orecchiette, e un calice di Primitivo di Manduria.

D’altronde da 20 anni la Puglia ha messo in campo, nel settore enogastronomico e turistico, una vera artiglieria politico-mediatica. Ed allora sono fioccate produzioni cinematografiche, pubblicita’ e promozioni tv, ben supportate da una politica che ha incrementato i collegamenti internazionali e promosso l’offerta turistica ed enogastronomica, snellendo la burocrazia. Certo una grossa mano e’ arrivata ancora una volta dall’estero. Ricordate la profezia Maya ? Ebbene tutto il mondo riporto’ la notizia che, dall’apocalisse del 21 dicembre 2012, ci si sarebbe salvati in Italia solo in Valle d’Itria, a Cisternino. Da allora quello che era un semisconosciuto borgo collinare, dove industriali del nord, tra gli antichi “fornelli”di brace a griglia verticale ( che sfornano succose bombette e gnummareddi) ed i meravigliosi complessi di trulli ristrutturati, immersi in una campagna ancora rigogliosa, avevano trovato il loro buen ritiro, e’ diventato sito di investimenti immobiliari internazionali.

Mare pulito, campagne curate e genuinita’ dell’offerta enogastronomica, risultano pero’ il vero polo attrattivo di quella Puglia autentica, rappresentata soprattutto dal Salento e dalle Murge.
Ma se parliamo di genius loci, la Sicilia non ha proprio nulla da invidiare, anzi !
Terra unica per la ricchezza di biodiversita’, tra le prime per produzioni bio e di eccellenza agro-alimentare, da Catania a Trapani ben si rappresenta nei “cortili siciliani”, o nei palmenti, piuttosto che nei bagli vista mare. Pochi pero’ gli interventi illuminati per riportare a laica vita, rispettandoli e rendendoli fruibili, i cibi ed luoghi sacri della nostra terra, offrendo percorsi sensoriali autentici.

Quasi spariti dal consumo collettivo, eccezionali produzioni autoctone, quali i pomodori siccagni del Belìce o quello buttiglieddru licatese, da consumare freschi o trasformati in sughi passati. Sposi ideali nella tradizione siciliana delle mulincianedde ( si, quelle nane !) e del nostro basilico a foglie piccole e fitte, che ad ogni piccola brezza rilascia dalle raste una onirica scia profumata. Tra i pomodori, ormai rari anche il pizzutello di Erice, eppure base imprescindibile -accompagnato dall’aglio di Nubia– per un pesto alla trapanese doc.
Tutto cio’ proprio mentre il consumatore e’ sempre piu’ alla ricerca di esperienze immersive nelle specificita’ territoriali enogastronomiche. Quanto all’offerta gastronomica, almeno potenzialmente, non dovrebbe esserci partita, visto che la Sicilia puo’ mettere in campo una delle cucine e delle pasticcerie piu’ ricche ed invidiate del panorama nazionale, forse nel tempo un po’ snaturata da giovani chef impegnati piu’ a stupire, che a recuperare con sapienza, i succulenti piatti tradizionali della Trinacria.

Eppure quanti saprebbero dove cenare in Sicilia sotto un uliveto, o a ridosso di una spiaggia ancora incontaminata, per gustare le Teste di Turco salate ( sì , perchè ci sono anche quelle dolci di Scicli ! ), la zucca fritta in agrodolce o la salsiccia di Palazzolo con cavolo trunzo di Aci, piuttosto che gamberi rossi di Mazara ed agrumi (non mortificati da complicate salse gourmet) o le più plebee sarde arrostite o a beccafico, concludendo magari con un rinfrescante gelo di anguria o di cannella, rigorosamente artigianali ? Arduo poi individuare tra leofferte della ristorazione, genuine riproposizioni della cucina tradizionale, da una semplice (si fa per dire!) Norma, alle polpette in foglia di limone o quelle piu’ slow al sugo di concentrato di pomodoro.



Non dimentichiamo che per gli antichi il genius loci rappresentava infatti la sacralità’ dei luoghi, il pieno rapporto identificativo tra l’uomo e la propria terra. Lo hanno capito bene ad es. i cugini francesi, quanto al vino, da secoli abili a valorizzare il terroir, che va ben oltre i cortili della Provenza, i castelli della Loira o i paesaggi fiabeschi della Borgogna. Forse i pugliesi qualcosa di francese nel DNA conservano ancora, quanto ad orgoglio, senso di appartenenza ed abilità nel promuoversi. Anche a Bari vecchia, sinonimo di degrado paragonabile ad alcuni quartieri delle città siciliane, un’associazione ha promosso “la via delle orecchiette” dove anziane massaie spacciano con successo pasta fresca, realizzata rigorosamente a mano sotto gli occhi dei turisti, acquirenti estasiati.Molti anche i vip stranieri che dopo una vacanza, sono stati folgorati dal genius loci pugliese, diventandone cosi’ assidui frequentatori o lungimiranti investitori.Dalla pop star Madonna, che ogni anno trascorre il periodo del suo compleanno in una masseria-resort di Savelletri, al premio Oscar Helen Mirren (“The Queen”) che con il marito Taylor Hackford ( regista di “Ufficiale e gentiluomo” e “L’avvocato del diavolo”) ha acquistato e sapientemente ristrutturato un Masseria nel Salento, dove prepara cialledda e frise , coltivando meloni e cime di rapa. Ma sono decine ormai le iconiche Masserie seicentesche, con orto annesso (alcune con palmento ipogeo), riconvertite sapientemente in resort rural chic, che offrono autentiche pietanze pugliesi, o riscoprono prodotti autoctoni quali le carote arcobaleno di Polignano.

Pasticciotto (e bocconotto) dolci iconici del Salento e non solo, lampascioni fritti o arrosto con capocollo di Martina Franca e caciocavallo podolico, e tra i primiciceri e tria , accompagnano un po’ ovunque l’offerta culinaria pugliese, rappresentandone il territorio. In Sicilia, di contro, si stenta a ritrovare nell’offerta gastronomica quel caleidoscopio di profumi e sapori, in fondo semplici, ma evocativi delle nostre tipicita’.

Ben vengano allora gli eventi glamour di Dolce&Gabbana che, riconoscendo nella Sicilia la fonte principale della loro creativita’, , tornano tra Marzamemi e Siracusa a luglio per una sfilata glamour , seppur off-limits ai piu’. Ma forse gli eventi top non bastano ! Occorre saper raccontare dalla base, valorizzare e tramandare questo patrimonio di straordinaria bonta’ e bellezza, ma il tutto in maniera strutturale.


Siamo ancora in tempo a fare sistema e tornare ad essere quella terra “dove si trova la chiave di tutto” -prima fra tutte- “l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra” ( parafrasando Goethe ), fermando l’aggressione ai luoghi ed al nostro mare, rispolverando l’anima vera della nostra Sicilia, che non può essere solo street food, affinchè il turista, spesso mordi e fuggi, possa diventare quel “viaggiatore” che in un paesaggio, un piatto tipico o un bicchiere di vino, possa percepire l’anima stessa dei siciliani e delle tante “uniche” sicilie, cosicchè “chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita”, condividendoli e narrandoli al mondo.